venerdì 20 aprile 2012

Pensieri sulla me stessa "giovane" (e sui miei simili)

28 ANNI e 300 EURO  AL MESE
Solferino_28
Tempo fa avevo letto un articolo, questo. Parla di una ragazza che a 28 anni vive con 300€ al mese. Lei dice che da fuori è apparentemente normale: non puzza, non ha le scarpe bucate, non ha i capelli sporchi. Anzi tutte le mattine si trucca, si pettina, indossa il tailleur e va a "lavorare". Vive in un appartamento in condivisione con altri ragazzi, il posto letto pagato da mamma e papà, mentre con i soldi dei suoi stage si paga il resto o almeno ci prova. L'articolo parla di come spende questi soldi e come riesce a vivere riducendo tutto al minimo (cibo, uscite, vestiti), i commenti sotto invece sono 383 e sono l'anarchia completa, perchè ovviamente ognuno dice la sua e l'altro che si sente offeso risponde e via dicendo. Senza giudici di pace, senza mediatori civili, tutti contro tutti, giovani contro vecchi, lavoratori contro presunti fannulloni, stagisti sfruttati contro tutti: ah, il caro vecchio internet.

RIFLETTENDO
Comunque. Mentre lo leggevo ho avuto un brivido lungo la schiena. Perchè prima cosa sinceramente spero di non essere mai mai mai come lei tra qualche anno. Non voglio pesare ancora sui miei genitori, vorrei una mia vita e una mia famiglia. Leggendo quest'articolo all'inizio ero solidale con lei, sopratutto per quello che dice riguardo alla generazione precedente
Il tutto mentre la generazione  precedente alla mia si ingozza. In moltissimi casi non ha nemmeno la metà della mia preparazione e delle mie competenze eppure si lamenta perché non ha soldi, ma ha la casa di proprietà, auto e moto in garage, vacanze in località balneari e uno stipendio ogni mese garantito a vita
E' vero. Anch'io provo rabbia quando vedo tanta gente che non sa fare il suo lavoro, che non ha la preparazione anche solo culturale, sopratutto nell'amministrazione pubblica. Mi viene rabbia perchè a quei tempi a loro non chiedevano niente, mi viene rabbia perchè a noi oggi chiedono tutto (diplomi, certificati, patentini...) e ancora non basta spesso. Capisco che non è colpa loro, ma non si può semplicemente scaricare sempre tutto sul nostro futuro stipendio quando e se finalmente arriverà. E ancora mi trovavo d'accordo su questo:
Questa giovane non tollera di venire additata come la causa dei suoi mali, perché non vuole andare a raccogliere i pomodori o lavare i piatti nei ristoranti, quando la società in cui vive le ha venduto l’illusione di una vita migliore per quelli che studiavano, rimangiandosela poi in modo vergognoso e scaricando persino la colpa su chi, a questa illusione, ci ha creduto.
Tutta la vita davanti_ Call Center
E' vero nemmeno io  dopo aver tanto studiato vorrei "accontentarmi". Non lo accetto perchè sono qualificata ma questa qualifica viene fatta pesare spesso: sei troppo bravo, costi, ciao ciao. L'illusione che ci hanno venduto non esiste, abbiamo pagato per nulla. Amarezza. 
Però poi ho riflettuto ancora. Si la colpa è dei miei genitori, dei nostri genitori, che hanno fatto di tutto per darci di più, per farci avere quello che loro non hanno potuto avere ma che volevano, ci hanno fatto credere nelle loro certezze. Ci hanno fatto credere nelle cose sbagliate. Più che i nostri genitori, la società in generale. E credo che i primi ad essere colpiti da questa crisi culturale (oltre che economica) siano proprio i nostri genitori. E chi ancora la pensa come loro. Non è più il tempo di permettersi il lusso d'illudersi.
Io capisco la rabbia di questa ragazza, il suo equilibrismo, ma non accetto nulla di lei. E in questo momento so che non sarò come lei. Non lo accetto perchè lei sta al gioco di chi questo sistema lo sfrutta e lo perpetua: capisco i sogni duri e puri ma vivere perennemente di stenti pesando costantemente sui genitori credo sia da folli, c'è un limite a tutto. Non lo accetto perchè non crede in se stessa: se è vero tutto quello che ha fatto, davvero non ha ancora trovato nessuno nessuno che le dia uno straccio di contratto a tempo determinato invece che stage sottopagati?. Non lo accetto perchè ha paura: di andare via dall'Italia (a un certo punto lo dobbiamo anche prendere in considerazione), di mostrarsi per quello che è agli amici, di tutto. Non lo accetto perchè lei critica chi ha partecipato alla festa prima di noi, e mentre noi siamo qua che dobbiamo mettere a posto, "pulire", lei non fa altro che cercare gli avanzi, che accontentarsi degli avanzi, sperando che la festa possa continuare, almeno per lei.  
In questo sfogo ci sono solo solo rabbia e paura. 
(Leggete anche questo)

I MIEI SOGNI
Io ho studiato cose (la letteratura) che oggi culturalmente sono considerate meno di zero. Temo addirittura che quando si parla del tanto abusato "scienze delle merendine" si riferiscano anche alla mia laurea, Lettere Moderne. Mi viene rabbia quando tra i commenti sento/leggo che se non troviamo lavoro è colpa nostra che abbiamo scelto materie inutili da studiare. Mi viene rabbia e tristezza. Rabbia perchè sembra che mi si voglia fare una colpa di quello che sono: ma scusate dovremmo tutti studiare solo ingegneria/medicina/architettura/economia? E' colpa mia se io la matematica, la chimica, la fisica ho sempre faticato a capirle davvero? E' colpa mia se non le ho mai trovate affascinanti quanto un libro d'avventura? Ho pensato a lungo come sarebbe stata la mia vita se avessi scelto una delle lauree "vincenti", ne ho dedotto che io non avevo alternative. Avrei forse cambiato qualche indirizzo, ma l'ambito sarebbe sempre stato questo. Pensare semplicemente di studiare qualcosa di "vincente" per me sarebbe stato folle, arrancavo alle superiori, avrei arrancato tutta la vita.
E mi viene tristezza perchè la gente non sa nulla, c'è una clamorosa ignoranza divagante. Il cosiddetto analfabetismo culturale. Guardano la tv e credono di sapere tutto. Credono che della cultura si possa fare a meno. Quella stessa cultura che invece mi ha aiutato tantissimo, che mi ha insegnato come funziona il mondo, come pensa la gente, la storia di chi è venuto prima di noi, una profondità di pensiero che mi fa stare bene e che mi ha educata al mondo. Gli studi che ho fatto mi sono serviti per affinare le uniche cose che so fare: leggere, pensare, criticare, comunicare. Per quanto mi potrà costare cara non rimpiangerò mai di aver studiato Lettere (e Editoria). Anche perchè mi hanno dato quello che i genitori, la società, nessuno mi ha dato: elasticità mentale. Non arrendersi mai, ma non come la quercia che è resiste e resiste e alla fine si spezza, piuttosto come il fuscello che si piega ma non si spezza (qua).
Io non penso di aver studiato cose "inutili", affatto. Non lo dico perchè voglio trovare una giustificazione a me stessa per non deprimermi, lo dico perchè credo davvero nell'importanza di quello che ho studiato, nell'importanza della cultura, della lettura. E proprio perchè ci credo mi arrabbio ancora di più quando mi accorgo che siamo in vicolo chiuso: la gente non capisce l'importanza della cultura perchè la cultura non gli viene spiegata. E la cultura non viene diffusa perchè alla gente non interessa. CAPITO? 
C'è qualcosa che non va, c'è un intoppo, il cane continua a mordersi la coda. L'intoppo sta negli operatori culturali, a qualsiasi livello. In anni di studio, di musei, di biblioteche ho (quasi) sempre visto la quasi totale esclusione della gente vera dalla cultura. Si fanno un sacco di iniziative nel campo della cultura, si ma per chi già le conosce, per chi già le sa apprezzare, per chi le fa. E' un mondo narcisistico che parla solo a se stesso. E' un mondo dove anche gli studenti stessi non ci credono in quello che studiano e molte colpe vanno imputate anche a loro, sopratutto alle ragazze ahimè. Posso onestamente dire che almeno l'80% delle studentesse di lettere moderne/beni culturali studiano con una superficialità spaventosa, bravissime ( ci mancherebbe, quasi sempre al massimo) ma superficiali. E' una cosa difficile da spiegare, non vorrei sembrare presuntuosa, ma il punto è che in loro sopratutto (solo perchè i maschi sono rari) ho trovato un vuoto, un appredere e ripetere senza anima, un'appendice del liceo. Si studia per avere la laurea, per avere un buon posto di lavoro, per avere un bel matrimonio/bella vita. Non c'è nessuna colpa in tutto questo. Ma non si studia per cultura. 
La cultura viene poi dimenticata, rispolverata all'occasione per andare a vedere l'ultima mostra di grido, gli ennesimi Impressionisti probabilmente. 
Io vorrei provare a spezzare questo meccanismo della cultura fine a se stessa. 
( Per le studentesse di lettere moderne non posso far niente se non sperare che il governo Monti abolisca la dicitura Lettere Moderne o istituisca un Lettere Ancora più Moderne)
( Ho parlato di questo perchè ho constatato tutto con i miei occhi)

3 commenti:

  1. La cultura che hai acquisito con i tuoi studi ti ha formato, fa parte del tuo carattere e ti è servita quindi indipendentemente dalle concrete possibilità e risvolti occupazionali che oggi il mercato del lavoro offre. ti faccio un "in bocca al lupo" , che tu riesca a trovare una occupazione che ti dia al tempo stesso serenità e soddisfazioni personali, magari permettendoti di seguire la strada che ami.
    ciao ;)

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  2. Io cerco di prenderla con distacco e filosofia: viviamo in un periodo di transizione, non ci possiamo fare niente.
    Fino agli anni 2000 i laureati erano una piccola percentuale tra i ragazzi, logico che ci ce la faceva nella maggior parte dei casi era "a posto" per tutta la vita. Oggi sono sempre di più ma la mentalità è rimasta quella di prima; le nostre aziende non investono nell'innovazione, per di più nella stragrande maggioranza dei casi (trattandosi di piccole-medie attività) sono gestite in modo padronale ed "ereditario", senza la minima meritocrazia. Logico che con questa impostazione la domanda di personale qualificato sia irrisoria rispetto a quella di manodopera.
    Senza contare che coi vari contratti a progetto siamo arrivati al paradosso tutto italiano per cui un operaio medio guadagna più di un ingegnere, se parliamo di 20-30enni. Forza e coraggio, passerà!

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