Mi verrebbe da rispondere: "la Bibbia!"
Ma non risponderò così perchè non è vero che la conosco da sempre: piuttosto da sempre se ne sta su un comodino in cucina, abbandonata da tutti. Però è sempre lì, a fissarti e guardarti male ogni volta che ti parte una bestemmia.
Comunque, un libro che conosco da sempre non è un libro vero e proprio, ma una poesia.
Questa poesia faceva parte di una piccola antologia della prima superiore, Il testo poetico. Che era davvero brutta da vedere: grafica ridotta all'essenziale, colori smorti, nessuna immagine. Probabilmente nessuno oltre a noi l'aveva adottata come testo, non trovo una singola immagine nemmeno in internet. Eppure non so perchè ma di quell'antologia mi ricordo ancora i brani e le poesie scritte tra le pagine ruvide e grigiastre. Mi ricordo in particolare di questa.
Ho parlato a una capra
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
alla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perchè il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
Commentarla mi sembra superfluo oltre che rischioso: ricordo sempre che esiste, il mio significato, e questo deve bastare.
Ho parlato a una capra
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
alla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perchè il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
Commentarla mi sembra superfluo oltre che rischioso: ricordo sempre che esiste, il mio significato, e questo deve bastare.
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