lunedì 22 giugno 2015

Punto di fuga, Lucia Biagi

Punto di fuga, Lucia Biagi,
Diabolo Edizioni
Immaginate.
Immaginate di avere 26 anni, un lavoro e un ragazzo che amate.
Immaginate di fare un test di gravidanza e trovarlo positivo.

Immaginate, e avrete Punto di fuga di Lucia Biagi.

Sabrina è una ragazza cinica, ama i vestiti, lavora come commessa, vive con la mamma e il fratello. Ha un ragazzo con un cane dalla faccia buffa, un'amica che fa vestiti e pupazzetti, un circoletto dove andare a sbevazzare.
E dentro ha un sentimento strano fatto di paura e rabbia.
Un giorno ad interrompere questo universo fatto di piccoli momenti di vita arriva lo shock: Sabrina è incinta.


Punto di fuga non parla di decisioni importanti da prendere.

Sabrina una scelta l'ha già fatta ed è un no. Chiaro, netto, deciso: nessun bambino.
Sabrina non è la rappresentazione ideale di qualcuno, non è un personaggio in cui ci potremmo identificare e pensare potrei essere io. Sabrina è se stessa, sempre: cinica, rabbiosa, con qualcosa dentro che non la lascia tranquilla.
Sabrina non è che non si sente pronta per diventare madre. Semplicemente non lo vuole.

I motivi potete sceglierli: la crisi, l'insicurezza economica, i problemi logistici reali (dove potrebbe stare il bambino? Nella sua cameretta?).
Il fatto è che lei, come tanti, come tutti, si trova in un limbo.
Non è più una ragazzina, non è ancora adulta, si trascina lentamente nella sua esistenza fatta di piccoli momenti rubati, goduti fino in fondo.
Rimanere incinta però è qualcosa di grosso, qualcosa che non puoi mettere in un angolo e far finta di dimenticarlo. È una scadenza che non puoi evitare, un orologio impietoso che ti fa correre. Ti costringe ad aprire gli occhi, a guardare sul serio la tua vita.
Per Sabrina significa constatare subito, con un'obiettività disarmante, che non è pronta per una cosa così grossa.
Iniziano quindi le corse, contro il tempo. 

Punto di fuga non vuole dire niente sul delicato tema dell'aborto.
Scegliere di tenere o meno un bambino è solitamente un argomento che infervora tutte le parti: tutti hanno un parere che deve essere assolutamente preso in considerazione.
Eppure abortire è una decisione che riguarda prima di tutto solo la potenziale madre. È una scelta personale, intima, diversa per ogni donna.
Sabrina è molto sicura nella sua decisione, non vuole il bambino, per motivi che non ci spiega perché sono solo suoi.

Mentre corre da un ambulatorio all'altro, vediamo crescere ansia, paura, rabbia.
Crescono in Sabrina man mano si avvicina la sua "data di scadenza", ovvero i tre mesi entro cui deve fare l'igv.
Punto di fuga parla di questo, del prendere coscienza di sé.
Il libro di Lucia Biagi parla si dell'aborto, ma non come siamo abituati a pensarci.
Mette in primo piano la persona e costringe a farsi delle domande, non sulla possibile nuova vita, ma prima di tutto sulla vita di chi già c'è: Sabrina non è pronta, si trova in questo limbo dove tutto è sospeso, in un precario equilibrio tra piaceri e doveri.
 
Per Sabrina significa essere una giovane donna incinta che vuole abortire significa doversi attivare, ascoltare medici, prendere appuntamenti, uscire dal limbo in cui si era autoconfinata.
E poi?
E poi tutto diventa confuso, troppo e l'unica cosa di cui sente il bisogno, di cui sentiamo il bisogno quando l'ansia sta per braccarci, è trovare un punto di fuga.
E così Sabrina "stacca". Feste, amicizie casuali, sbandate, tatuaggi.

La parte in cui Sabrina "scappa" dalla realtà mi è piaciuta molto perché dà proprio l'idea dell'ansia che sale e sale e la necessità di trovare una via di fuga: è un po' come l'ultimo giorno di vacanza prima della scuola. Come se Sabrina volesse raccogliere tutte le sue forze prima di ricominciare tutto, prima di ricominciare a vivere: stavolta sul serio.

Durante la storia sembra che Sabrina sia lontana da quello che le sta accadendo, come se nulla non la toccasse. Lei una decisione l'ha presa, con una sicurezza spiazzante: sembra che niente possa turbarla.
Ma è davvero così?
Cosa pensa Sabrina in quelle lunghe vignette senza nuvolette parlanti, senza didascalie?

Questo è un aspetto della graphic novel che potrebbe non piacere: non sapere niente di quello che pensa Sabrina. Non sapere cosa le passa per la testa, averne solo una vaga idea guardando le sue espressioni neutre, i suoi gesti, il silenzio dentro la pagina.
Ancora una volta, i pensieri di Sabrina rimangono soltanto suoi e noi lettori possiamo solo immaginare quello che sta pensando: è davvero convinta della sua scelta? Quanto le è pesato? Perché si comporta così?

Tutte domande a cui non abbiamo risposta, possiamo solo interpretare quanto vediamo.

Punto di fuga mi è piaciuto. Per il disegno quasi manghesco, per i colori così particolari (bicromia giallo/blu) e perché la storia è insolita, diversa, forse lasciata troppo all'interpretazione personale ma comunque fuori dagli schemi. 

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