martedì 9 luglio 2013

Il tempo è un bastardo, Jennifer Egan

Uno di quei libri che non credevi potessero essere ancora scritti.
Geniale.
Il tempo è un bastardo, Jennifer Egan, trad.
Matteo Colombo, Minimum Fax, 2011
Di cosa parla ?
E' difficile dire di cosa parli esattamente Il tempo è un bastardo.
Jennifer Egan non ci racconta una storia ma tante storie: tanti personaggi diversi che si muovono in epoche e spazi differenti.
Ogni capitolo è una storia, legata in qualche modo a quella prima, a volte da un sottilissimo filo: sottile ma mai tirato.
Comunque, per essere banale-banale: in questo libro si parla del tempo.
Di quello che passa e non ritorna, degli attimi in cui ti chiedi "quand'è stata l'ultima volta che ho visto il sole?" e ti rendi conto che da allora sono passati 20 anni, dei capelli ingrigiti all'improvviso, dei figli che non sai bene da che parte sono arrivati ma sono qua, di Facebook impietoso, dell'adolescenza che ci ha cambiati per sempre e dello scoprire che non siamo mai andati troppo in là.
E poi, sempre per rimanere terra-terra, si parla della musica, dell'industria discografica e di tutto quello che può ruotare attorno: i chitarristi geniali, i tossici, gli ex-chitarristi geniali, i pr, i giornalisti, le segretarie, le star, le mogli e i figli, certi bambini,  i concerti.
Un bel po' di roba insomma.

Perché è difficile dire di cosa parla Il tempo è un bastardo ?

Perché Jennifer Egan è stata secondo me geniale nel mostrare il concetto di tempo non parlandone direttamente ma raccontando semplicemente delle storie.
Storie che sembrano fotografie.
Infatti leggere questo libro è stato come aprire una scatola piena di fotografie sparse, prenderne in mano una e assaporarne la storia, prenderne in mano un'altra e accorgersi che il soggetto stavolta è quella persona che nell'altra era là in fondo, un po' sfocata, entrata quasi per caso nell'istantanea.
I capitoli sono un po' come delle fotografie svelate, perché noi sappiamo quale sottilissimo filo le lega uno all'altra.
Leggiamo le storie e nella nostra mente si creano le connessioni.
Nella mia è successo questo.


Si parte con Sasha, oggi forse. Poi si passa a Bennie...quando? Forse ancora oggi, forse un po' prima. E poi ecco Rhea, anni '80, e ancora siamo di nuovo a oggi, qualche anno prima dell'altro capitolo ma in Africa, nel capitolo successivo siamo spostati nel presente ma un po' più avanti. E così via.
Alcuni li hanno chiamati flashback e flashforward: per me non è corretto, perché non c'è nessuno personaggio principale che ricorda, sono solo salti temporali.

Per creare uno schema esatto avrei dovuto posizionare le persone lungo un arco temporale.

Il tempo è il grande protagonista di questo libro, il livello zero.
Tra un capitolo e l'altro il tempo è la prima cosa cui guardiamo: a che punto della "storia" siamo ? 
Ci muoviamo avanti e indietro, ma siamo sempre nel presente dei personaggi, in quel momento in cui sta per succedere il loro momento, quello che farà la differenza tra prima e dopo.

Non esiste una vera e propria storia in questo libro perché i personaggi sono tanti e ognuno parla con la sua voce.
Jennifer Egan è una scrittrice silenziosa, come una direttrice d'orchestra o una regista, c'è ma non la vedi, non la senti. Riesce a coordinare tutti i suoi personaggi e a dargli il giusto spazio e la giusta voce.
Ogni capitolo infatti ha uno stile diverso dal precedente: c'è la prima persona, la terza, il giornalista, l'ansiogeno, chi si esprime con delle slide, il malinconico.

Una cosa che mi è piaciuta di questo libro è stato proprio questo modo di scrivere, questo stile così brillante, non-convenzionale. Questo repentino entrare prima in un personaggio e poi nell'altro.

I miei personaggi preferiti per storia, caratterizzazione e il modo in cui hanno preso voce sono stati Scotty e Jules Jones, menziona a parte per Bosco.

Scotty l'ho trovato geniale e assurdo allo stesso tempo.Prima Jennifer Egan te lo introduce così:
Del nostro vecchio gruppo, solo Scotty è sparito nel nulla. Nemmeno il computer riesce a trovarlo.
E poi quando lui arriva ti ritrovi a pensare..
..al pesce persico spigola

Jules Jones mi è piaciuto per i suoi pensieri ingarbugliati.
(...) il trattamento che il cameriere riserva a Kitty è in realtà una sorta di sandwich, in cui la fetta di pane inferiore sono i modi annoiati e vagamente leziosi con i quali lui normalmente si rapporta ai clienti, la farcitura è l'anomala eccitazione che prova al cospetto di questa diciannovenne così famosa, e la fetta superiore è il tentativo di contenere e nascondere questa farcitura aliena con una modalità di comportamento che quantomeno somigli a quello strato inferiore di noia e leziosità che ne costituisce la norma.
Bosco invece è un personaggio che rimane sullo sfondo delle vite degli altri, anche se viene nominato, spesso.  E' l'autore di Da A a B. Vorrei scrivere le parti che ho amato di più, ma mi limito a un'immagine.
Ed è esattamente di questo che voglio parlare: com'è successo (...)

Infine vorrei parlare anche del modo di scrivere di Jennifer Egan e della traduzione.
Ho già detto che lo stile utilizzato da lei mi è piaciuto moltissimo; di più mi è piaciuto il suo modo di scrivere, ovvero le parole usate.
Due espressioni mi hanno colpita in particolar modo.
Aveva esitato fino a quando non aveva capito, colta da una scossa di sollievo e impietrita di felicità, che era troppo tardi.

E la sensazione che provai non fu tanto di desiderarla quanto di essere circondato da lei, di ruzzolare dentro la sua vita senza bisogno di muovermi.
Ecco credo che queste due espressioni siano perfette, che riescano ad esprimere tantissimo con una sola parola. Oltretutto sono delle parole dal suono magnetico: "impietrita di felicità" non "pietrificata", non "rimase di sasso", espressioni a mio parere più banali e meno forti rispetto ad "impietrita".
E il verbo ruzzolare quanto è affascinante ? Ruzzolare significa "rotolare qua e là", in modo imperfetto e scoordinato. Il "ruzzolare dentro la vita" di qualcun altro me lo sono immaginata come una persono arrotolata su se stessa mentre si lascia trasportare dalla vita dell'altro.
Non so come fosse in inglese, ma Matteo Colombo le ha reso sicuramente giustizia: le parole utilizzate le ho trovate semplicemente azzeccate, ricercate, perfette.

Inutile dire che consiglio vivamente questo libro, a tutti.
Soprattutto a chi piace scrivere.

2 commenti:

  1. Ho scaricato da poco l'e-book, dopo la tua recensione non vedo l'ora di iniziare a leggerlo! :)

    Valentina
    www.peekabook.it

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