Ho scelto di leggere questa graphic novel in quel modo molto poco razionale con cui scelgo i libri ultimamente: sistemo i libri in biblioteca, incappo in qualcosa che sembra interessante, lo tiro fuori e dopo aver sfogliato brevemente lo porto a casa.
Di Jiro Taniguchi avevo già letto qualcosina tempo fa, In una lontana città.
Sarò sincera: non ricordo granché della storia.
Ricordo solo che al termine non ero pieno soddisfatta della lettura, forse mi aspettavo di più.
Jiro taniguchi è un magaka molto diverso da quelli cui siamo - sono - abituati.
Immergersi in una delle sue storie è come ascoltare i ricordi un vecchio signore. Non ancora così vecchio da far si che le storie siano più delle antiche leggende, ma abbastanza perché vi sia quella dolce magia che permea tutti i racconti giapponesi che ci(mi) fanno impazzire.
Ne La montagna magica il protagonista è Kenichi, un ragazzino giapponese di 10/11 anni, orfano di padre, con una madre malata, e una vivace sorellina.
Siamo nel 1967 ed è estate.
Già dall'inizio capiamo che quella che Jiro Taniguchi ci sta per raccontare non è la classica oziosa e nostalgica estate di una volta, no. Questa sarà un'estate diversa.
La mamma di Kenichi infatti deve partire per l'ospedale, per potersi curare. Starà via giorni e saranno i nonni a prendersi cura dei due fratellini.
Kenichi è solo un ragazzino ma sa che qualcosa non va nella malattia della mamma.
È in quell'età che fa da confine tra l'infanzia e l'adolescenza. Il bambino dentro di lui cerca ancora i giochi e le sfide infantili, ma in fondo al suo cuore c'è quel senso di angoscia verso il futuro che lo attanaglia e spaventa.
Un giorno entra per caso in un museo e incontra una salamandra magica.
L'animale prega il ragazzino di aiutarlo, in cambio offre la realizzazione di un suo desiderio.
Cosa desidera la salamandra?
Vuole tornare a casa, sulla montagna.
Il resto della storia si può ben immaginare.
La montagna magica è prima di tutto una favola, destinata a un lettore non ancora adulto.
La trama è molto semplice, lineare, senza deviazioni. In fondo l'albo è molto breve e si legge in pochissimo tempo.
È una storia, in sintesi, molto semplice.
Eppure a differenza dell'altro albo, In una lontana città, che ho presto dimenticato, La montagna magica mi ha colpita. Mi ha regalato quello che del Giappone mi affascina di più, quella magia pulsante che sembra essersi solo assopita, non scomparsa.
La montagna magica a prima vista potrebbe sembrare meno profondo degli altri libri di Jiro Taniguchi; eppure leggendo quei silenzi, quelle vignette che sembrano dislocate in un'altra dimensione, vi ho trovato un profondo attaccamento alle proprie radici culturali.
Ma non solo.
Il fatto che la salamandra parli solo con Kenichi, finché questi rimane un ragazzino, dà un'altra visione della storia: l'infanzia come territorio di scoperte e sperimentazioni, dove tutto è possibile.
Alla fine della storia mi è quasi sorto il dubbio che potesse esserci un'altra lettura, ovvero che tutto fosse frutto dell'immaginazione dei due fratellini: in fondo l'infanzia è un'età quasi magica, dove a volte è difficile distinguere il vero dal falso, dove quando succede qualcosa che desideriamo intensamente si pensa subito sia merito di qualche nostro piccolo rito infantile.
Pur essendo breve e semplice, La montagna magica è un albo che per me merita una lettura, a dispetto di quanto si possa legggere in rete.
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