Se siete informati (ma se siete bookblogger di sicuro lo siete) saprete che l'AIE & altri per l'occasione hanno organizzato la campagna #ioleggoperché per promuovere la diffusione del libro e della lettura.
Il tutto culminerà proprio questo giorno, il 23 aprile, quando a Milano si terrà uno "straordinario evento" trasmesso in diretta televisiva da Rai 3. Anche se, siamo al 15 aprile e:
Non solo Milano.
L'evento dovrebbe "accendere" tutte le piazze italiane, con incontri, feste, presentazioni.
Per adesso i numeri sono un po' miseri, 5 piazze in tutta la nazione.
(è cambiata la grafica del sito, ora è bianco su sfondo bianco. Vi conviene evidenziare.) |
Mi è arrivata una mail dall'ufficio stampa dove si dice che il programma del 23 aprile sarà presentato lunedì 20. (n.b. ho preparato il post ieri)
Per creare, insomma, un minimo di attesa con nomi di richiamo, siano questi scrittori, case editrici e pseudo vip televisivi (per richiamare la gggente).
Spero che si rimedi al più presto: personalmente sono curiosa di sapere chi ci sarà a Milano il 23.
Che dire?
È un bell'evento innanzitutto.
Ci sono però alcune cose che non vanno.
TESTIMONIAL FAMOSI
Alcune persone hanno criticato l'utilizzo dei vip come testimonial.
Personalmente non ci vedo nulla di male (a patto che non siano stati pagati in modo esagerato).
Avrei preferito come testimonial scrittori e editori. È anche vero che sono riconoscibili solo da chi è dentro il settore. Quindi avrei puntato sulla gente comune. Fotografie di persone (mamme, nonne, papà, pendolari, gente sotto l'ombrellone...) colte nell'atto della lettura: concentrazione, disgusto, facce "rapite".
Ho visto diverse mostre fatte di fotografie così e, beh, anche se può sembrare un'idea "vecchia", mi pare funzioni sempre: ci si avvicina sempre per vedere chi è la persona, cosa sta leggendo e altri particolari della fotografia.
LIBRI SCELTI
Anche sui libri scelti non sono critica. C'è un po' di tutto.
Avendo lavorato/lavorando in biblioteca posso dire che i titoli coprono i gusti di tutte le persone. C'è la persona dai gusti ricercati e c'è la persona che le legge solo Liala e Danielle Steel (che oramai considero quasi come una vecchia zia). Spiace solo che si sia puntato solo sulla narrativa come lamentava Laterza (i fumetti? i manuali? saggi?), ma qui ci si dovrebbe interrogare sul significato della parola leggere: è l'atto in sè o l'entrare in altre storie?
Per amor di trasparenza sarebbe bello anche sapere come sono stati scelti: gli editori hanno avuto carta bianca o l'AIE ha dato qualche dritta?
MESSAGGERI
Ecco qui ho qualche dubbio mi è venuto.
Ai messaggeri è stata fatta un minimo di formazione?
Perché si, è tanto bello portare i libri alla gente ma il rischio è di diventare come il promoter di turno: assalito dalla massa perché ci sono i gadgets gratis!!!.
Può andar bene per l'azienda che vuole pubblicizzare subito la nuova barretta al gusto dei mirtilli giapponesi: farla assaggiare a più persone possibili così sapranno che la mia marca esiste. E qualcuno quando andrà al supermercato si ricorderà di me (a patto che abbia una buona distribuzione e un buon posizionamento) e avendo già provato potrebbe essere più propenso a scegliere la mia barretta. L'unica cosa che si chiede al promoter è intercettare più gente possibile.
Qui l'obiettivo è un altro, convincere i non-lettori a leggere. E i libri non sono barrette.
Un libro è impegnativo, punto. Scegliere il libro che potrebbe piacere a una persona non è semplice, parlo per esperienza personale.
Prima di arrivare al libro giusto devi fare domande, saper leggere tra le vaghe risposte, conoscere gli scrittori e il loro stile, conoscere le case editrici. Non serve leggere i libri per intero, basta sapersi muovere nel panorama editoriale.
In biblioteca capivo bene quando uno era da Minimum fax o da narrativa Mondadori, da Newton Compton. O da Danielle Steel ovviamente. Ero facilitata però dallo storico degli utenti, dal fatto che li conoscevo da tempo e ci avevo parlato più volte.
Il rischio però è minimo, potrebbe pensare qualcuno.
Si, il rischio è minimo: non muore nessuno se sbagli il consiglio. Si rischia però un lettore: un non-lettore è disposto al massimo a dare una possibilità ai libri, se sbagli, lo perdi.
L'obiettivo della campagna è far scoprire il piacere della lettura, no?
Insomma, secondo me non basta essere "appassionati lettori" per svolgere questo compito delicato. La passione va bene ma se non indirizzata correttamente è solo sprecata.
Ho letto che alcuni messaggeri sono stati coordinati da alcune biblioteche: benissimo, chi meglio di loro può dare preziose dritte a questi messaggeri?
Spero che nelle librerie e nelle università sia stato fatto altrettanto.
GRATUITÀ
Ho letto che è stata criticata la gratuità dei libri che verranno distribuiti.
Ecco qui in parte sono d'accordo e solidale con i librai che vedono in questa operazione una svalutazione del libro stesso. Il loro mestiere è vendere libri e questa campagna li regala.
Devo però ribadire che l'obiettivo dichiarato è :
Contagiare alla lettura chi non conosce il piacere dei libri.E un non-lettore o comunque uno che non è appassionato a qualcosa, mica spenderebbe dei soldi per quello. Un po' come se qualcuno mi convincesse ad andare a una partita di calcio: manco morta. Se però mi regali i biglietti posso andarci e magari in futuro, se mi è piaciuto, potrei pensarci due volte prima di dire di nuovo "manco morta". È un investimento.
«#ioleggoperché nasce proprio per stimolare chi legge poco o addirittura non legge. Parliamo di oltre la metà degli italiani» ha spiegato il presidente di AIE, Marco Polillo.
E proprio perché è un investimento il tutto si deve fare al meglio e vedere poi se abbiamo centrato il nostro obiettivo.
Come si stabilisce se questo è stato raggiunto?
Come si misura la passione? Con le vendite? Con i prestiti? Con la compilazione di una scheda-del-libro, come a scuola?
In teoria, tra un po' di tempo, si dovrebbe tornare dai non-lettori e chiedergli se adesso si sentono più appassionati di prima.
(qui invito a leggere cosa dice la Lettrice Rampante al punto I risultati)
Ebbene queste erano le premesse, cose che contano marginalmente per me (a parte la questione dei messaggeri).
Il succo del post arriva adesso. (occhio che è lungo)
Cosa davvero non va in #ioleggoperché?
1. SOLDI, SOLDI, SOLDI
Il problema dei libri, della cultura, di chi organizza gli eventi culturali sono i soldi. (Ma va?)
La campagna #ioleggoperché negli intenti è molto nobile, brava, la prima della classe. Però nei fatti non è niente di nuovo, l'ennesimo evento a scadenza.
Avete visto come si inseriscono gli eventi?
Basta cliccare su inserisci un evento, compili i campi e ta-dan, fatto. Anche voi farete parte della campagna #ioleggoperché.
Potrei organizzarne uno anche a casa mia volendo: mi autonomino scrittrice, compro un po' di patatine e finta coca-cola all'eurospin, chiamo mia cugina di secondo grado per presentarmi et-voilà, fatto. (N.B. - in realtà sul sito c'è scritto che: Se inerente al progetto, lo inseriremo nel calendario).
Scherzi a parte.
Quando a inizio anno, nella biblioteca dove ero stabilmente, sono arrivate le varie comunicazioni sulle diverse iniziative, la prima cosa che mi han chiesto dal comune è stata
«Ci danno i soldi?». Ovviamente no.«Eh, ma allora cosa ci cambia?».
È proprio questo il punto.
Basterebbe mappare stabilmente tutto quello che già c'è (vedi la bella iniziativa OpenCultureAtlas o l'ottimo lavoro che fa la RBB con gli eventi nelle biblioteche).
I comuni, non tutti eh, e altre associazioni già si occupano di fare cultura: molti si ingegnano con le poche risorse a loro disposizione.
Volete aiutare davvero queste realtà che già si impegnano a diffondere la lettura? Dategli soldi.
Invece di pagare i vari vip di turno (comunque, pagateli meno) e stampare libri che si possono avere già gratuitamente, date soldi per creare eventi e fateglieli monitorare.
Soldi per poter finalmente organizzare un evento come si deve, con apertitivo, scrittore vero chiamato apposta per l'occasione, un po' di musica senza l'ansia per la Siae (su cui non mi esprimo). Soldi per organizzare nella scuola un bell'evento con più scrittori o vari operatori culturali, un laboratorio, una lettura teatralizzata.
Soldi per pubblicizzare davvero l'evento come si deve e non sperare nei soliti affezionati. Sul sito è scaricabile il kit da stampare, ma in certe biblioteche è già tanto avere la stampa in bianco e nero con fogli riciclati.
Oppure agire alla fonte e reclutare scrittori e operatori culturali, pagandoli ovviamente, e inviarli nelle scuole, librerie, biblioteche più lontane.
Un po' come fanno i Piccoli Maestri, gratuitamente tanto per cambiare.
Questo farebbe la differenza.
E chiedere in cambio di rendicontare il tutto, metterla come condizione perché questo è un punto debole degli eventi culturali. Si fanno tante cose, ma poi spesso non si dice nulla di come sia stato, come sia andata.
Spero comunque che la social wall, molto carina, rimanga e venga vivacizzata anche dopo il 23 aprile.(Stando a leggere i vari comunicati si direbbe di si, poi vedremo.)
"Al momento non sono previsti altre attività con autori e testimonial a esclusione di quelli pubblicati sul sito." |
2.QUALITÀ
Questo punto è direttamente collegato al primo.
Il rischio del non dare soldi, non finanziare mai nulla è affidarsi, come sempre, all'inventiva dei singoli. Con il risultato di avere si tanti eventi, ma tutti di dubbia qualità.
Ora, io non sono stata a spulciare ogni singolo evento presente su #ioleggoperché.
Conosco però abbastanza bene il mondo degli eventi, avendo avuto a che farci direttamente.
So che a Milano, Roma e altre città ci saranno sicuramente eventi fighissimi, come sempre: gli scrittori, le librerie più belle, gli editori già si trovano lì, è naturale partecipare alla vita culturale delle città.
Nel resto d'Italia però, nella provincia e nei piccoli centri, è come se fosse la fiera degli squallori.
A parte pochi luoghi dove si trovano persone competenti che s'impegnano nel creare eventi di qualità sempre (nella mia "zona" segnalo due bellissime librerie, Elica Giochi e Storie e Mutty), in altre spesso è meglio stendere un velo pietoso.
Provate ad immaginare: un'amministrazione che vuole creare eventi per vivacizzare la vita culturale del piccolo centro ha due opzioni. Da una parte c'è lo scrittore di qualità che viene da lontano e meriterebbe almeno il rimborso spese, dall'altra lo "scrittore" che si è autopubblicato (ma più spesso è EAP) e sarebbe disposto a pagare pur di avere un po' di visibilità, quindi si offre ovviamente aggratis, basta che possa -finalmente- provare a vendere i suoi libri. Secondo voi cosa succederà, in tempi di continua spending review?
La stessa cosa vale per le librerie e simili, dove però il singolo è più libero (e c'è sempre chi lavora in libreria -di catena/indipendente- e non capisce un caspio di editoria, ma vabbé).
La sempre e totale gratuità è male.
Non solo per chi lavora ma anche per chi riceve, per chi va a questi eventi fuffa.
Come si può apprezzare la narrativa di qualità se si viene perennemente esposti a scrittori che, mi perdonino, spesso non hanno nulla da dire?
Raccontano la loro storia personale, le poesie che hanno scritto durante una notte di temporale come Snoopy (con tutto il rispetto per snoopy), il libro per ragazzi che hanno scritto senza aver mai letto Harry Potter ("è di massa, che skifo"). Ma è sempre tutto qui, non c'è un lavoro di scrittura vero dietro, un ragionamento, un progetto.
E la persona che va a questi eventi crede che questa sia l'editoria, cultura.
Una campagna come #ioleggoperché potrebbe fare la differenza se finalmente offrisse almeno eventi di qualità certificata. Sarebbe però un lavoro complesso, ma sopratutto significherebbe previlegiare alcuni editori a discapito di altri, come la EAP.
Già altre volte erano state mosse critiche, ma nulla è mai stato fatto.
E questo non va bene perché c'è chi come editore lavora meglio di altri e meriterebbe finalmente dei riconoscimenti per il prezioso lavoro di selezione/proposta che fanno.
(parlo di editori che non chiedono contributi agli scrittori, editori che pagano i propri collaboratori, editori che tra i loro titoli non hanno solo "primi libri" di esordienti ingenui).
3.EBOOK
Dopo la campagna #unlibroèunlibro ti aspetti che gli eBook finalmente siano usciti dall'ombra. E invece no. Sono stati dimenticati, ancora una volta.
È difficile promuovere gli eBook perché in mano non hai niente, però non è impossibile.
Tre anni fa ci erano riusciti al Salone del Libro di Torino: in collaborazione con BookRepublic avevano distribuito dei coupon per ricevere degli eBook gratuiti. È stato uno dei modi con cui mi sono avvicinata agli eBook: all'epoca non avevo ancora l'eReader, però avevo curiosato molto volentieri sul sito e ho anche comprato qualche mese dopo.
Qualche tempo fa ho conosciuto i ragazzi di Nativi Digitali Edizioni: loro per vendere un eBook in fiera si sono inventati dei foglietti piegati che ricordano un mini-libricino. C'è una copertina, una breve descrizione del libro e un codice per poter scaricare il libro. Niente computer, niente carta di credito, comodissimo.
Ci si poteva inventare qualcosa di simile per promuovere anche la lettura di eBook.
CONCLUSIONI
In conclusione, ribadisco quello che altri hanno già detto.
In sintesi: riusciremo a portare avanti un progetto con continuità?
La paura di molti è che #ioleggoperché sia solo l'ennesimo mega-evento che tra un anno non ci ricorderemo più perché sarà stato scavalcato da un altro mega-evento.
L'unica cosa di cui c'è bisogno è questa: progettualità, continuità.
E invece anno dopo anno i tagli alla cultura/istruzione sono sempre più pesanti. E ci si può inventare tutti gli eventi fighi di questo mondo, ma se dietro non c'è qualcosa di solido sono tutti sforzi a vuoto. E il Mibac dovrebbe fare qualcosa in più di concreto invece che piazzare il suo logo un po' ovunque e dire "che bello leggere". Promuoviamola davvero questa lettura.
C'è anche un altro tarlo nella mia testa.
Si è inventata questa campagna per promuovere la lettura.
Ribadisco il concetto che promuovere la lettura non è facile (leggete l'aneddoto divertente ne Il Post).
Promuovere la lettura però non significa che magicamente le vendite miglioreranno.
Se io fossi un messaggero (mi sono mossa troppo tardi credo) mi piacerebbe dare quei libri a chi non ha la possibilità di comprare libri. Lavorando in biblioteca mi sono trovata spesso di fronte a queste realtà. Bambini "di seconda generazione" che amano leggere alla follia ma ovviamente non possiedono libri, ragazzi che non hanno i Promessi Sposi, adulti che leggono tanto perché sono senza lavoro da così tanto tempo che hanno riscoperto la lettura, i romanzi per svagarsi e la saggistica per imparare cose nuove.
Ecco, queste persone come sono da considerare? Loro leggono, ma non comprano.
Dare libri a chi in casa non ne ha proprio si può considerare promozione alla lettura? Può far parte degli obiettivi? Oppure l'obiettivo unico è promuovere la lettura per poi vendere?
In fondo l'AIE è un'associazione di editori, che per vivere devono vendere.
Comunque, come al solito, ci sono realtà (o meglio persone) che si danno da fare, partecipano, organizzeranno eventi: hanno accettato l'invito a partecipare con entusiasmo (un esempio? La Feltrinelli di Como, che già organizza eventi interessanti, cosa che non si può dire di altre feltrinelli) .
E ci sono altre che se ne fregano.
Qui si dovrebbe lavorare un po' sulla comunicazione tra pezzi grossi e pezzi piccolissimi.
In ultimissimo, vorrei che quando si tireranno le somme di questa campagna, si valutino davvero tutti gli aspetti, si ascoltino le critiche e si guardi cosa non è andato bene.
La speranza è che non si concluda nell'ennesimo "siamo stati tutti bravi, facciamoci un applauso" o con un "è stato molto bello, c'è ancora molto da fare e cmq w leggere".
Alcuni pareri interessanti che ho letto sull'argomento:
Nicola La Gioia su Internazionale
La lettrice rampante
La Leggivendola
Bookblister 1
Bookblister 2
Giovanni Solimine
Giuseppe Laterza
Mario Fillioley su Il Post
Il problema dei libri secondo me sta nel fatto che non hai la sicurezza che il libro giusto arrivi alla persona giusta, considerando che ha regalarli sono degli sconosciuti... è quello che mi lascia maggiormente perplessa.
RispondiEliminaIl fatto dei testimonial, ammetto, è invece un mio limite. Personalmente se un tizio famoso legge, non mi fa venire più o meno voglia di leggere o di imitarlo (la rovina del marketing sono :P)
Sul resto, devo rifletterci un pochino su :)
Sui testimonial ti scrivo quello che ho scritto alla Leggivendola: stando a vedere chi hanno coinvolto (qui e al SalTo) io non dovrei leggere, sono fuori target. E cmq ho provato a chiedere a mia madre (che vive di tv, anche di libri, ma principalmente di tv) e non li conosce :/
EliminaSui libri e i messaggeri mah...vorrei capire come si individua un non-lettore o "assopito": gli chiedi se legge, tipo i tizi MondoLibri? O smerci direttamente il libro? Sono proprio curiosa di vedere i vari resoconti. Per ora mi son limitata ai racconti sulla social wall e, boh.
Bisogna anche vedere da dove vengono i soldi... Io personalmente non lo so, ma se venissero dalle case editrici dei titoli proposti va benissimo; se invece sono le associazioni culturali (AIE e simili) è un'altra storia...
RispondiEliminaSe hai tempo leggi anche l'articolo di Internazionale, è molto lungo ma illuminante.
EliminaMi ha colpita quando una libraia Mondadori dice che su 186 eventi organizzati, la catena ha interpellato la casa editrice per portare solo 1 volta per far arrivare un autore.
Su 186 eventi, solo 1 coordinato con la CE, in una sua libreria.
Ecco se i soldi li han messi gli editori, mi ripeto: cercare nel proprio "catalogo" scrittori da mandare in giro, che mi rendo conto sia un costo ma fa sempre effetto andare a un incontro dove l'autore a pubblicato con Mondadori, Einaudi, Rizzoli etc invece che *nomepaese*editore.
Invero avevo letto settimane fa che i fondi sono, ehm, pubblici.
EliminaIl che non è una brutta cosa di per sè, non è che mi spiace che vengano usati soldi pubblici per progetti di promozione per la lettura, e poi il fatto che il costo della stampa sia coperto ha permesso anche a case editrici indipendenti di partecipare. Penso che sarebbe stato un po' troppo oneroso stampare decine di migliaia di copie gratuite per Iperborea e Marcos y Marcos.
La parte della libraia Mondadori mi ha lasciata un po' così, ma neanche troppo. Mondadori.
Io non mi esprimo. Dico solo che sono molto arrabbiata con il Ministero dei Beni Culturali. Biblioteche. Musei. Scuole.
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