Ci sono libri che quando li leggi hanno attorno una sorta di "aura" potentissima.
Alcuni di questi sono i classici, i libri che parlano di letteratura, i libri seri.
Quando li prendi in mano sai già che è un libro che ha dignità di esistere, anzi: magari ha molta più dignità di te a questo mondo.
Avvicinarsi a questi libri è difficile, a volte perché ci obbligano gli insegnanti, altre perché lo impone la "società" ( Nessuno vi ha mai detto: ma smettila di leggere quella roba e leggi cose serie! ?), altre perché vogliamo metterci alla prova: magari mi sto perdendo qualcosa di straordinario.
A volte va male.
Mi è capitato con La malora di Beppe Fenoglio, un libretto breve breve, di neanche 100 pagine: più simile ad un racconto che a un romanzo.
Riconosco tutta la potenza della scrittura, dei temi, dei personaggi di Fenoglio.
Eppure alla fine della lettura mi son sentita un poco disorientata.
E' un libro che in pochissime pagine concentra tutte le brutture e storture della vita, quella vera, di tanti anni fa.
Una vita che si passava a coltivare una terra avara, a fare la fame oggi per poter mangiare tutto l'anno, una vita quasi priva di affetti.
E' il punto di vista degli ultimi quello che ci mostra Fenoglio, di quelli che si fanno guardare e toccare come se fossero delle bestie, anche allora nessuno voleva investire inutilmente.
E' un mondo che non esiste più: totale dedizione alla famiglia e al lavoro, rispetto reverenziale per il padrone, sogni grandi pochi km, fame, miseria.
Non c'è nulla di straordinario in Agostino, il protagonista del racconto: è solo uno dei tanti disgraziati costretto ad andar a lavorar per altri per un paio di calzoni a Natale. Lo seguiamo per un pezzo della sua giovane vita, quello che lascia e quello che trova, i sogni modesti, le piccole aspirazioni. Agostino è un ragazzo buono, silenzioso, intelligente alla maniera contadina, eppure così martoriato dalle disgrazie da non aver la forza di chiedere qualcosa per se stesso.
Quando osa sperare di essere felice, ecco che ritorna la malora, più violenta di prima.
Una volta terminato ho lasciato passare del tempo per vedere se qualcosa potesse cambiare in me, senza risultato: rimango ancora perplessa.
Credo sia stata la brevità del racconto a lasciarmi così, non c'è modo di conoscere meglio i protagonisti, è tutto così repentino che quando inizi a prendere confidenza con Agostino è già tutto finito. Puoi solo constatare quanti significati che può avere la parola malora e quanti aggettivi prima di vita possano descrivere quella di Agostino: amara, dura, aspra, ruvida.
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